Dai dati raccolti risulta che l'Ibogaina allevi il desiderio e la ricaduta del consumo di droga negli esseri umani, come è stato confermato nei modelli animali.
L’Ibogaina è attualmente utilizzata come farmaco contro la dipendenza nella medicina alternativa.
Nel 1993, la Food and Drug Administration ( FDA ) ha approvato una sperimentazione clinica sugli esseri umani per studiare questi effetti, mentre il National Institute on Drug Abuse ( NIDA ) ha deciso di non-finanziare questo studio a causa di problemi di sicurezza.
L’Ibogaina è un alcaloide naturale con effetti allucinogeni e psichedelici, derivato dalla corteccia della radice della pianta dell’Africa occidentale Tabernanthe iboga, e viene usata in Gabon nelle cerimonie di iniziazione.
Sono state descritte almeno 11 morti improvvise dopo l'uso di Ibogaina nelle quali la causa del decesso è rimasta poco chiara, anche dopo l'autopsia.
È stato ipotizzato che l'Ibogaina possa alterare la regolazione del sistema nervoso autonomo, provocando morte improvvisa.
E’ stato riportato il caso di una donna americana di 31 anni, ammessa al Dipartimento di Emergenza a causa di un attacco di tipo convulsivo dopo aver assunto una dose singola di 3.5 g di Ibogaina al 15% ( dose usuale, da 2 a 6 g ).
La donna non aveva assunto nessun’altra droga o alcol in concomitanza con l'Ibogaina.
La sua anamnesi era non-rilevante, e non c'era storia familiare di anomalie del ritmo cardiaco.
Oltre alla nausea, la donna non presentava sintomi specifici da segnalare.
Era giunta in Olanda per ricevere l’Ibogaina come medicina alternativa per la dipendenza da alcol resistente al trattamento.
L’elettrocardiografia ha mostrato un grave prolungamento dell'intervallo QT di 548 msec ( intervallo QT corretto per la frequenza cardiaca, 616 msec ) e tachiaritmie ventricolari durante un monitoraggio prolungato.
Gli esami di laboratorio hanno rivelato lieve ipomagnesiemia ( livello di magnesio, 0.49 mmol/l; 1.2 mg/dl; range di riferimento, 0.70-1.00; 1.7-2.4 ), ipopotassiemia ( livello di potassio, 3.2 mmol/l; 12.5 mg/dl; range di riferimento, da 3.8 a 5.0; 14.9-19.5 ), e un normale divario di osmolalità sierica ( 3.1 mOsm/kg, valore di riferimento inferiore a 10 ).
Nonostante la rapida correzione dei livelli di elettroliti, l'intervallo QT è rimasto prolungato.
Durante il ricovero nell'Unità di Terapia Intensiva ( UTI ), senza ulteriori dosi di Ibogaina, l'intervallo QT si è normalizzato 42 ore dopo la presentazione.
La paziente è stata successivamente dimessa, in buone condizioni.
In questo caso, l’utilizzo di Ibogaina è stato associato a un grave allungamento dell'intervallo QT e a tachiaritmie ventricolari, che si sono normalizzate dopo 42 ore. Questi risultati sono indicativi di una relazione causale. Anche lo squilibrio elettrolitico può aver giocato un ruolo.
Le morti improvvise precedentemente descritte possono quindi essere state causate da anomalie del ritmo cardiaco indotte da allungamento dell'intervallo QT, tachiaritmie ventricolari, o entrambi.
Alle dosi attualmente in uso, l'Ibogaina può portare a gravi anomalie del ritmo cardiaco. L'uso e le eventuali future sperimentazioni del farmaco dovrebbero essere consentite solo sotto stretto controllo medico e continuo monitoraggio elettrocardiografico. ( Xagena2009 )
Hoelen DWM et al, N Engl J Med 2009; 360: 308-309
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