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Sibutramina: le tappe che hanno portato al ritiro dal commercio


Il 21 gennaio 2010 l’EMA ( European Medicines Agency ) ha raccomandato la sospensione all’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali a base di Sibutramina.
La decisione è scaturita dalla valutazione dei dati di sicurezza provenienti dallo studio SCOUT ( Sibutramine Cardiovascular Outcome ). Alla fine della valutazione il Comitato tecnico-scientifico ( CHMP ) ha ritenuto che il beneficio della Sibutramina, come aiuto nella perdita di peso, non fosse superiore ai rischi cardiovascolari del farmaco. Di conseguenza l’AIFA ( Agenzia italiana del farmaco ), ravvisata la necessità di adottare urgenti provvedimenti cautelativi, ha disposto il divieto di vendita di tutti i medicinali contenenti Sibutramina sul territorio italiano.

Il farmaco

La Sibutramina è un inibitore della ricaptazione della noradrenalina e della serotonina. Agisce impedendo che i neurotrasmettitori 5-idrossitriptamina ( chiamata anche serotonina ) e noradrenalina siano ricaptati nelle cellule nervose nel cervello.
I neurotrasmettitori sono sostanze chimiche che permettono alle cellule nervose di comunicare tra loro. Inibendo la loro ricaptazione, la Sibutramina aumenta la quantità di questi neurotrasmettitori nel cervello. Livelli aumentati di neurotrasmettitori nel cervello aiutano i pazienti a sentirsi soddisfatti dopo un pasto, riducendo la loro assunzione di cibo. Per questo i medicinali contenenti Sibutramina sono stati impiegati nella gestione dell’obesità, insieme a dieta ed esercizio fisico, nei pazienti obesi con un indice di massa corporea ( BMI ) maggiore o uguale a 30 kg/m2 e nei pazienti in sovrappeso ( con un BMI maggiore o uguale a 27 kg/ m2 ) con altri fattori di rischio correlati all’obesità, come diabete mellito di tipo 2 o dislipidemia ( livelli anormali di lipidi nel sangue ).

La Sibutramina è stata autorizzata nell’Unione europea ( UE ) a partire dal 1999 e in Italia a partire dal 2001, nella forma farmaceutica di capsule rispettivamente da 10 mg e 15 mg.

Il ritiro della Sibutramina in Italia nel 2002

Il dubbio sul profilo di sicurezza della Sibutramina si era già manifestato nel 2002 quando in Italia, a seguito di una revisione dei dati di sicurezza, sono state temporaneamente sospese dal commercio le preparazioni magistrali e i medicinali a base di Sibutramina a causa di un possibile rischio cardiovascolare.
Contemporaneamente l’Italia ha avviato una procedura di arbitrato a livello europeo richiedendo un parere al Comitato per i medicinali per uso umano dell’EMA sulla possibilità di sospendere o revocare i medicinali a base di Sibutramina in seguito alle segnalazioni ricevute di reazioni avverse gravi relative a effetti cardiovascolari, psichiatrici, sbilancio elettrolitico e sindrome serotoninergica.

Il CHMP nel 2002 ha pertanto effettuato una rivalutazione del profilo beneficio/rischio di tale farmaco, prendendo in esame tutti i dati disponibili. Nell’agosto 2002, considerando che il profilo beneficio/rischio fosse ancora favorevole, l’Agenzia europea ha mantenuto in commercio la Sibutramina.
L’Italia, nel prendere atto della decisione europea ( vincolante per tutta l’Europa ) ha riammesso in commercio solo i medicinali ( e non le preparazioni magistrali ) con limitazioni nella prescrizione, riservata a specialisti in cardiologia, diabetologia, endocrinologia, medicina interna e scienza dell’alimentazione e con la prescrizione obbligatoriamente accompagnata da una scheda informativa per il paziente. Inoltre le informazioni su tali medicinali sono state modificate con l’inserimento di avvertenze specifiche riguardo alla cautela d’uso.

L’Agenzia europea ha da parte sua richiesto all’azienda titolare di AIC del medicinale, come condizione per la commercializzazione del farmaco nell’Unione europea, uno studio multicentrico che valutasse l’efficacia e la sicurezza della Sibutramina su pazienti in sovrappeso od obesi con un noto o elevato rischio cardiovascolare.
Se efficace, la perdita di peso avrebbe dovuto garantire dei benefici maggiori rispetto all’aumento del rischio cardiovascolare, considerato lieve.

I risultati dello studio SCOUT

SCOUT è uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato rispetto a placebo, con un periodo di induzione di 6 settimane, durante le quali tutti i pazienti hanno ricevuto Sibutramina.
I dati provenienti dallo studio SCOUT hanno fornito informazioni molto interessanti e sono stati esaminati dal CHMP dell’EMA e dalle varie agenzie regolatorie europee.

Si è visto che la perdita di peso ottenuta con Sibutramina era modesta, inferiore a quanto descritto negli studi registrativi, e in più che non si manteneva dopo l’interruzione del trattamento.
Inoltre lo studio SCOUT ha dimostrato un rischio aumentato di eventi cardiovascolari gravi, non-fatali, come ictus o infarto, con Sibutramina rispetto al placebo.
I pazienti trattati con Sibutramina avevano un aumento del rischio del 16% di un esito composito che comprendeva infarto miocardico non-fatale, ictus non-fatale, arresto cardiaco non-fatale o morte da causa cardiovascolare ( 11.4% ) rispetto ai pazienti trattati con placebo ( 10.0%, HR=1.161, limiti di confidenza al 95% da 1.029 a 1.311; p=0.016 ).
Questo risultato è stato determinato soprattutto da una maggiore incidenza di infarto non-fatale del miocardio e di ictus.

E’vero che l’uso di Sibutramina nello studio non era in accordo con le indicazioni alla prescrizione in molti dei pazienti arruolati nello studio SCOUT perché la Sibutramina è controindicata nei pazienti con malattia cardiovascolare nota. Anche la durata del trattamento nello studio è stata più lunga di quanto di solito raccomandato.

Tuttavia, poiché i pazienti obesi e in sovrappeso sono potenzialmente più a rischio di eventi cardiovascolari, il CHMP ha ritenuto che i dati dello studio SCOUT fossero rilevanti anche per l’uso del farmaco nella pratica clinica e ha quindi deciso che il profilo beneficio/rischio non fosse più favorevole.

Che cos’era successo in Italia

Per quanto riguarda l’informazione agli operatori sanitari, dopo la riammissione in commercio nel 2002 in Italia è stata fornita una comunicazione a medici e pazienti con aggiornamenti sulla valutazione di sicurezza in corso per il principio attivo e con la raccomandazione di usare i medicinali contenenti Sibutramina solamente in accordo con le informazioni del prodotto attualmente autorizzate. In particolare, veniva rafforzata la controindicazione all’uso di Sibutramina nei pazienti con coronaropatie, insufficienza cardiaca congestizia, malattia occlusiva periferica arteriosa, aritmia e malattie cerebrovascolari ( ictus o attacco ischemico transitorio, TIA ).

In Italia le azioni intraprese hanno ridotto il consumo di Sibutramina e conseguentemente il numero di segnalazioni avverse segnalate, tant’è vero che, dai dati della Rete nazionale di farmacovigilanza si nota una drastica diminuzione dal 2003, dopo l’adozione del provvedimento di sospensione per Sibutramina dell’anno precedente.
Considerando quanto presente nel database nazionale, dal 2001 in poi, il 21.5% delle reazioni avverse a Sibutramina interessa la classe organo sistemica ( SOC ) cardiaca.
In seguito alle azioni intraprese anche il tasso di segnalazione, espresso in reazioni avverse per 1.000 abitanti, è risultato significativamente al di sotto della media europea.

La storia insegna che ..

Nonostante l’attenzione su questa molecola sia stata sempre alta, solo nel 2010 i risultati provenienti dallo studio SCOUT hanno fornito le basi per misure restrittive come la sospensione.

La storia della Sibutramina dimostra che il segnale rilevato in Italia nel 2002, sulla base delle segnalazioni di reazioni avverse, è stato poi confermato nel 2009 dai risultati dello studio SCOUT. Dimostra anche che la segnalazione delle reazioni avverse da parte dei medici e degli altri operatori sanitari è fondamentale per tutelare la salute pubblica e che il sistema di farmacovigilanza italiano, integrato con quello europeo, è un importante strumento di definizione del profilo di sicurezza dei farmaci. ( Xagena2010 )

Tratto da Reazioni - AIFA, 2010


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