L’Agenzia regolatoria degli Stati Uniti, FDA, ha approvato l'uso esteso di Rivaroxaban ( Xarelto ) per includere il trattamento della trombosi venosa profonda e della embolia polmonare.
L'approvazione di questo nuovo anticoagulante potrebbe rappresentare un cambiamento nell’approccio terapeutico nei pazienti con condizioni tromboemboliche.
Nel luglio 2011, l’FDA aveva approvato Rivaroxaban nella prevenzione di eventi tromboembolici in pazienti che si sottoponevano a chirurgia sostitutiva dell'anca o del ginocchio.
Ora, l’Agenzia regolatoria ha approvato le nuove indicazioni per il trattamento di tutti i pazienti con trombosi venosa profonda ed embolia polmonare, così come per prevenire le recidive di entrambe le condizioni.
La FDA ha basato la approvazione di Xarelto in gran parte sui risultati del Programma di ricerca clinica EINSTEIN, una serie di tre studi che hanno valutato la sicurezza e l’efficacia di Rivaroxaban.
L’embolia polmonare si verifica in circa un terzo dei pazienti con trombosi venosa profonda, e rappresenta la terza causa più comune di morte a livello ospedaliero negli Stati Uniti.
Si prevede che un terzo dei pazienti con trombosi venosa profonda o embolia polmonare andrà incontro a una recidiva entro 10 anni.
La terapia standard nelle condizioni tromboemboliche è rappresentata dalla Eparina a basso peso molecolare ( LMWH ), seguita da antagonisti della vitamina K ( Warfarin [ Coumadin ] ).
L’Eparina a basso peso molecolare viene somministrata per via iniettiva ( sottocutanea ), mentre il Warfarin richiede continui aggiustamenti del dosaggio in base ai valori di laboratorio.
La complessità della terapia standard ha portato alla ricerca di schemi terapeutici più semplici, a parità di efficacia.
Il trattamento iniziale delle forme acute di trombosi venosa profonda o di embolia polmonare con Rivaroxaban richiede una dose di 15 mg due volte al giorno per le prime 3 settimane, e in seguito la dose di 20 mg una volta al giorno.
Lo stesso schema può essere adottato per prevenire le recidive di trombosi venosa profonda o embolia polmonare.
Inoltre, Rivaroxaban viene somministrato per bocca, e semplifica il trattamento.
Studio EINSTEIN-PE
Lo studio EINSTEIN-PE, randomizzato, in aperto, condotto tra il 2007 e il 2011, ha valutato Rivaroxaban nei soggetti con embolia polmonare.
I risultati di questo studio, pubblicato su The New England Journal of Medicine ( NEJM ), ha mostrato che l'associazione a dose fissa, per os, di Rivaroxaban è paragonabile alla terapia standard per il trattamento iniziale e a lungo termine.
I risultati hanno anche indicato che Rivaroxaban è associato a una significativa riduzione del sanguinamento maggiore e di un potenziale miglioramento del profilo rischio-beneficio.
Lo studio ha riguardato 4.832 pazienti in 263 siti in 38 Paesi; 2.419 pazienti sono stati assegnati a un regime orale con Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per 3 settimane, seguiti da 20 mg una volta al giorno; altri 2.413 pazienti sono stati sottoposti a trattamento standard che consisteva di Enoxaparina [ Clexane ] 1 mg/kg di peso corporeo due volte al giorno, più un antagonista della vitamina K ( Warfarin o Acenocumarolo [ Sintrom ] ), che è stato iniziato entro 48 ore dalla randomizzazione.
Il regime comprendeva un aggiustamento della dose per mantenere un INR tra 2 e 3.
I criteri di ammissibilità includevano una diagnosi primaria di embolia polmonare.
Un quarto dei pazienti di entrambi i gruppi aveva avuto anche trombosi venosa profonda.
La prima tromboembolia venosa ricorrente era l’endpoint primario di efficacia; mentre il sanguinamento clinicamente rilevante rappresentava l’endpoint principale di sicurezza.
I trattamenti hanno avuto una durata di 3, 6 o 12 mesi; la durata media è stata di 7 mesi.
Rivaroxaban ha dimostrato la non-inferiorità per efficacia, con un hazard ratio ( HR ) di 1.12.
I tassi di recidiva sono stati pari a 2.1% ( 50 eventi ) tra i pazienti del gruppo Rivaroxaban e 1.8% ( 44 eventi ) tra i pazienti nel gruppo terapia standard.
Rivaroxaban ha dimostrato anche la non-inferiorità per l'esito principale di sicurezza ( HR= 0.9 ).
E’ stato osservato che l’incidenza di sanguinamento maggiore o clinicamente rilevante è stata pari a 10.3% nei pazienti assegnati a Rivaroxaban rispetto al 11.4% dei pazienti assegnati alla terapia standard.
Rivaroxaban ha dimostrato una minore incidenza di sanguinamento maggiore rispetto alla terapia standard ( 1.1% vs 2.2%; HR=0.49 ).
Non è stata riscontrata alcuna evidenza di tossicità epatica associata a Rivaroxaban.
I vantaggi della terapia con Rivaroxaban
I risultati dello studio EINSTEIN-PE possono portare a un cambiamento significativo nel modo in cui i pazienti con embolia polmonare sono trattati.
In primo luogo, il Warfarin rappresenta una terapia molta complessa sia per i pazienti sia per gli operatori sanitari a causa della necessità di eseguire in modo regolare il test INR; sono a sfavore del Warfarin anche i problemi correlati alla dieta ( è necessario evitare l’assunzione di vitamina K ) e le interazioni con altri farmaci che possono influenzare molti valori INR.
L’anticoagulante Rivaroxaban offre diversi vantaggi: Rivaroxaban viene assunto per bocca, non richiede monitoraggio di routine e il suo effetto anticoagulante non è influenzato dal contenuto di vitamina K nella dieta.
In secondo luogo, Rivaroxaban è attivo da 1 a 3 ore dopo assunzione orale, senza alcun bisogno di una iniezione sottocutanea quando si inizia la terapia anticoagulante per os.
In terzo luogo, Rivaroxaban ha una emivita relativamente breve di 5-9 ore. Ciò comporta che l’interruzione perioperatoria della terapia anticoagulante è molto più semplice che con Warfarin.
Con Rivaroxaban, l'effetto anticoagulante svanisce interrompendo il farmaco 1-3 giorni prima dell'intervento ( in base alla funzionalità renale ), mentre l’effetto anticoagulante del Warfarin richiede da 5 a 7 giorni per scomparire.
Limiti
I nuovi anticoagulanti, tra cui Rivaroxaban, non presentano al momento un antidoto.
Un recente studio, condotto su volontari, trattati con Rivaroxaban, ha evidenziato che il concentrato di complesso protrombinico era in grado di ridurre il tempo di protrombina.
Fonte: American College of Cardiology ( ACC ) Meeting, 2012
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