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Bifosfonati per l’osteoporosi


L'osteoporosi, una malattia caratterizzata da ridotta massa ossea e aumento della fragilità scheletrica, colpisce 10 milioni di americani; altri 34 milioni sono a rischio.
I bifosfonati sono ampiamente prescritti per l'osteoporosi; sono state fatte più di 150 milioni di prescrizioni per i pazienti ambulatoriali tra il 2005 e il 2009.

Tutti i bifosfonati che sono stati approvati per il trattamento dell'osteoporosi hanno dimostrato la loro efficacia nella prevenzione delle fratture in studi di registrazione della durata da 3 a 4 anni.
Recentemente, tuttavia, i dati sulla sicurezza hanno sollevato preoccupazioni per quanto riguarda la durata ottimale di utilizzo per ottenere e mantenere la protezione contro le fratture.

La normale crescita ossea e il rimodellamento comportano un processo strettamente associato di riassorbimento osseo e formazione di nuovo osso.
La perdita di tessuto osseo correlata all'osteoporosi si verifica quando il riassorbimento osseo supera la formazione ossea; i bifosfonati riducono il riassorbimento osseo, rallentando così la perdita ossea.

La farmacologia dei bifosfonati è complessa. Durante la terapia, i bifosfonati sono incorporati nell’osso neoformato e possono persistere per anni, attraverso cicli multipli di riassorbimento osseo e deposizione.
Pertanto, i pazienti continuano ad essere esposti agli effetti farmacologici dei bifosfonati molto tempo dopo che si è interrotta la terapia.

La sicurezza a lungo termine e l'efficacia del trattamento con i bifosfonati per l'osteoporosi rappresentano temi importanti per l’FDA ( Food and Drug Administration ).
In risposta alle segnalazioni post-marketing di eventi avversi rari ma gravi associati ai bifosfonati, come ad esempio fratture atipiche del femore, osteonecrosi della mandibola e cancro esofageo, l’FDA ha effettuato una revisione sistematica dell’efficacia a lungo termine dei bifosfonati.

La revisione dell’FDA si è concentrata su studi in cui i bifosfonati erano stati somministrati per almeno 3 anni e in cui i dati della frattura erano stati registrati in modo sistematico e completo.
Sono state selezionate tre sperimentazioni a lungo termine: lo studio FLEX ( Fosamax Fracture Intervention Trial Long-Term Extension ), l’estensione Reclast Health Outcomes and Reduced Incidence with Zoledronic Acid Once Yearly–Pivotal Fracture Trial ( HORIZON-PFT ) e l’estensione Actonel Vertebral Efficacy with Risedronate Therapy–Multinational Trial ( VERT-MN ), con una durata del trattamento variante tra 6 e 10 anni.

Tutti e tre gli studi erano estensioni degli studi iniziali di registrazione delle fratture che avevano arruolato donne in postmenopausa con fratture al basale, bassa densità minerale ossea ( T score -1.5 o inferiore ), o entrambi.
Gli studi FLEX e HORIZON-PFT hanno utilizzato un disegno randomizzato di sospensione in cui i pazienti che avevano precedentemente assunto bifosfonati sono stati arruolati nei periodi di estensione e sottoposti a randomizzazione ripetuta per ricevere placebo o trattamento continuativo con bifosfonati.

A differenza degli studi di registrazione, gli studi di estensione hanno utilizzato la densità minerale ossea come misura di esito primaria.
Le analisi degli studi di estensione hanno compreso sia la densità minerale ossea che gli esiti di frattura ( limitate a fratture osteoporotiche vertebrali e non-vertebrali ).

Nel complesso, i risultati rispetto a tutti e tre i bifosfonati sono stati molto simili in termini di aumenti medi della densità minerale ossea correlati al trattamento a 5 anni. Il proseguimento della terapia oltre i 5 anni ha portato al mantenimento della densità minerale ossea del collo del femore e a un ulteriore aumento della densità minerale ossea a livello della colonna lombare.

Nei pazienti che sono passati al placebo, la densità minerale ossea del collo del femore è diminuita lievemente durante i primi 1 o 2 anni e poi si è stabilizzata, mentre la densità minerale ossea nella colonna lombare ha continuato ad aumentare nonostante la sospensione della terapia con bifosfonati.

I dati relativi alle risposte della densità minerale ossea sono risultati simili a quelli di analisi già pubblicate.
Secondo l’FDA, tuttavia, l’endpoint più significativo per la terapie per l'osteoporosi è il tasso di frattura.
Ogni studio di registrazione con bifosfonati ha arruolato da 3.000 a 7.500 pazienti ed aveva potenza sufficiente per la dimostrazione di efficacia sulla frattura, mentre gli studi di estensione a lungo termine, con arruolamenti varianti tra 164 e 1233 pazienti, non avevano questa caratteristica.
Poiché la questione riguardava l’efficacia a lungo termine, lo studio FLEX, con 10 anni di esposizione ai bifosfonati, ha rappresentato lo studio più importante per la revisione della FDA.

Nell'analisi FDA di fratture vertebrali, sia morfometriche ( chiamate anche asintomatiche o radiografiche ) che fratture cliniche o sintomatiche, che si sono verificate nei due studi randomizzati di estensione, il beneficio in termini di protezione dalla frattura mediante terapia continua con bifosfonati è rimasto incerto.
Nello studio FLEX, il tasso di fratture vertebrali cliniche, ma non il tasso di fratture vertebrali morfometriche, è risultato ridotto.
Nello studio HORIZON-PFT, un miglioramento è stato dimostrato nelle fratture vertebrali morfometriche, ma non nelle fratture vertebrali cliniche. Un’analisi indipendente post hoc dello studio FLEX ha mostrato un beneficio in termini di fratture non-vertebrali in un sottogruppo molto specifico di pazienti senza fratture vertebrali al basale che avevano anche un T-score del collo femorale inferiore di –2.5.

Secondo l'analisi FDA dello studio FLEX, i tassi di fratture osteoporotiche vertebrali e non-vertebrali erano simili sia quando i partecipanti hanno continuato a ricevere Alendronato ( Fosamax ) per un massimo di 10 anni ( un tasso del 17.7% ) che quando sono passati al placebo per il periodo di estensione ( 16.9% ).
Nelle analisi di tempo alla frattura, i tassi di frattura erano coerenti tra i gruppi di trattamento ( Fosamax 5 mg, Fosamax 10 mg e placebo ) e tutti i sottogruppi di densità minerale ossea all’anno 3 ( circa 8 anni di trattamento continuo, compreso il periodo di registrazione ).

Quando tutti i dati dei 3 studi di estensione ( 2496 pazient i), sulle fratture osteoporotiche vertebrali e non-vertebrali con terapia a lungo termine, sono stati raggruppati i tassi di frattura hanno dimostrato di essere relativamente costanti nel tempo.
I dati aggregati relativi a pazienti che hanno ricevuto un trattamento continuo con bifosfonati per 6 o più anni sono risultati in tassi di frattura che variavano dal 9.3 al 10.6%, mentre il tasso per i pazienti passati a placebo è stato di 8.0 a 8.8%.
Questi dati sollevano la questione se la terapia continua con bifosfonati conferisce un ulteriore beneficio di prevenzione delle fratture, relativamente alla cessazione della terapia dopo 5 anni.
Limiti statistici hanno escluso la possibilità di individuare alcuna associazione significativa tra il trattamento a lungo termine e l’aumento del rischio di frattura.

Tutti i dati di fratture discussi sono post hoc e sono limitati dalla potenza statistica, dai bias di selezione, dalle dimensioni del campione e dai problemi di tempistica che variano tra gli studi.
Pertanto, i dati disponibili sull’efficacia a lungo termine non hanno identificato chiaramente i sottogruppi di pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dalla terapia con i farmaci da 3 a 5 anni.
Tuttavia, l'emergere di timori relativi alla sicurezza richiede la considerazione di nuovi algoritmi di trattamento per i pazienti con osteoporosi.

I dati disponibili suggeriscono che i bifosfonati possono essere tranquillamente interrotti in alcuni pazienti senza compromettere i benefici terapeutici, ma nessun adeguato studio clinico ha ancora delineato per quanto tempo i benefici dei farmaci sono mantenuti dopo la cessazione.
Sono necessari dati aggiuntivi per determinare se i marcatori del turnover osseo o la densità minerale ossea possono essere d’aiuto in modo affidabile nelle decisioni che riguardano la durata o l'interruzione dei trattamenti con bifosfonati.

Tutte le schede tecniche dei bifosfonati attualmente approvati per il trattamento dell'osteoporosi contengono una dichiarazione di limitazione d'uso: la durata ottimale di utilizzo non è stata determinata.
Tutti i pazienti in terapia con bifosfonati dovrebbero rivalutare su base periodica la necessità di continuare la terapia.

Per ottimizzare l'efficacia dei bifosfonati nella riduzione del rischio di frattura, la decisione di continuare il trattamento deve essere basata sulla valutazione individuale dei rischi e dei benefici e sulle preferenze del paziente. A questo proposito, i pazienti a basso rischio di frattura ( ad esempio, i pazienti più giovani senza storia di fratture e con una densità minerale ossea quasi normale ) potrebbero rivelarsi buoni candidati per l'interruzione della terapia con bifosfonati dopo 3-5 anni, mentre i pazienti a maggior rischio di frattura ( ad esempio, i pazienti più anziani con una storia di fratture ed una densità minerale ossea nel range osteoporotico ) possono trarre ulteriore beneficio dalla terapia con bifosfonati continua.

Chiaramente, dato il potenziale rischio cumulativo, si deve usare cautela nel passaggio da bifosfonati ad altri potenti farmaci anti-riassorbimento osseo.

Ulteriori indagini sui benefici e i rischi della terapia a lungo termine, come pure sulla sorveglianza del rischio di frattura dopo l'interruzione della terapia con bifosfonati, saranno fondamentali per determinare il miglior regime di trattamento per i singoli pazienti con osteoporosi. ( Xagena2012 )

Whitaker M et al, N Engl J Med 2012; 366: 2048-2051


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