La trombosi venosa profonda viene definita come l’ostruzione, parziale o completa, di una o più vene del circolo profondo degli arti inferiori ( e/o delle vene della pelvi ) o superiori.
L’embolia polmonare è la complicanza più temibile della trombosi venosa profonda ed è causata dalla migrazione nel circolo arterioso polmonare di un trombo venoso profondo o dei suoi frammenti.
E’ noto da tempo come la presenza di una neoplasia, specie se metastatica, condizioni un aumento del rischio di tromboembolismo venoso, infatti gli eventi trombotici sono una complicanza frequente nel decorso clinico della malattia neoplastica e rappresentano la seconda causa di morte dei pazienti con cancro.
Inoltre anche in assenza di una trombosi clinicamente manifesta i pazienti con tumore hanno uno stato di ipercoagulabilità caratterizzato da una o più anomalie nei test dell’emostasi. Le cause di questa alta incidenza tra le persone affette da neoplasie sono molteplici: oltre all’aumento di rischio dovuto all’allettamento, i trombi si formano più spesso a causa del rilascio da parte delle cellule tumorali di diverse sostanze che ne favoriscono l’aggregazione.
In egual modo, i chemioterapici, come l’Oxaliplatino ( Eloxatin ), possono contribuire all’attivazione della coagulazione del sangue e alla diatesi trombotica nei pazienti con cancro.
Si calcola che i pazienti oncologici abbiano un rischio di tromboembolismo venoso aumentato di circa sei volte rispetto ai pazienti non-neoplastici.
In letteratura i dati relativi alla comparsa di trombosi venosa profonda in seguito all’assunzione di Oxaliplatino a dosi terapeutiche sono limitati. Uno studio di fase II, volto a valutare l’impiego di Oxaliplatino nel trattamento di prima linea nei pazienti con tumore dello stomaco metastatico ha riportato, tra le diverse tossicità di grado III-IV, una trombosi venosa profonda nel 15% dei soggetti trattati. La tossicità di grado III-IV più frequente è stata invece la diarrea nel 17% dei pazienti.
Casi di trombosi venosa profonda sono stati osservati durante studi clinici e descritti in diversi case report anche in pazienti in trattamento chemioterapico con Cisplatino ( Platinex ).
Tutti i composti del Platino possiedono in effetti un profilo tossicologico simile anche se l’Oxaliplatino, molecola di più recente introduzione, è generalmente meglio tollerato.
Diverse ipotesi sono state avanzate per chiarire i meccanismi patogenetici alla base di questa reazione avversa.
I principali meccanismi protrombotici includono il danno endoteliale, la liberazione di sostanze procoagulanti, la riduzione della concentrazione di proteina C ed S e dell’antitrombina III. Inoltre non va dimenticato il contributo della patologia di base, dello stadio della malattia, delle caratteristiche del paziente e delle terapie concomitanti per completare le conoscenze circa il rischio di trombosi venosa profonda da Oxaliplatino.
Nella Rete nazionale di farmacovigilanza sono presenti 5 segnalazioni di trombosi venosa profonda insorta dopo trattamento con Oxaliplatino. Le segnalazioni pervenute si riferiscono tutte a pazienti anziani in regime chemioterapico con Oxaliplatino per il trattamento di un tumore del colon-retto; in tre casi è stato riportato come farmaco concomitante il 5-Fluorouracile.
In tre casi la reazione sembra essere migliorata dopo avere instaurato una terapia adeguata.
La tempestività e l’adeguatezza del trattamento sono un fattore fondamentale per ridurre le recidive di tromboembolismo venoso non solo durante il primo periodo dopo l’evento acuto, ma anche a distanza di mesi per ridurre la gravità della sindrome post-trombotica, fortemente influenzata dal numero delle recidive.
Gli obiettivi del trattamento sono il sollievo dei sintomi, la prevenzione della propagazione del trombo e di una possibile embolia polmonare e la prevenzione della recidiva di trombosi venosa profonda.
Si possono mettere in atto diversi tipi di trattamento: terapia anticoagulante, trombo lisi, uso di filtri cavali, intervento chirurgico con trombectomia.
La terapia iniziale è con un’Eparina a basso peso molecolare. In aggiunta all’Eparina, 24 o 48 ore dopo, si può iniziare una terapia con anticoagulanti orali a un dosaggio che mantenga l’INR ( International Normalised Ratio ) nel range terapeutico. Il trattamento con Eparina può durare 4 o 5 giorni mentre la terapia con anticoagulanti orali deve proseguire più a lungo, da 3 a 12 mesi secondo la causa che ha provocato la trombosi.
L’uso di un filtro cavale è indicato nella prevenzione dell’embolia polmonare in particolare quando ci sono controindicazioni all’uso di farmaci anticoagulanti.
I farmaci trombolitici vengono utilizzati per favorire la riduzione o la distruzione del trombo. La trombolisi ripristina la pervietà dei vasi sanguigni e il funzionamento delle valvole venose, riducendo il rischio di sindrome post-trombotica.
La terapia chirurgica infine è considerata come ultima alternativa per i pazienti con una trombosi estesa e con controindicazioni o refrattarietà alla terapia con anticoagulanti o trombolisi. ( Xagena2010 )
Tratto da Reazioni – AIFA, 2010
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