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Prevenzione delle metastasi ossee nei pazienti con tumore alla prostata resistente alla castrazione: i dubbi su Xgeva


La società farmaceutica Amgen ha presentato un supplemento di efficacia al Biologics License Application ( sBLA ) per Xgeva ( Denosumab ) a sostegno della seguente proposta di indicazione: Xgeva è indicato per il trattamento degli uomini con cancro alla prostata resistente alla castrazione, ad alto rischio di sviluppare metastasi ossee.
Xgeva prolunga la sopravvivenza libera da metastasi ossee, riducendo il rischio di sviluppare metastasi ossee.

Questo sBLA è principalmente sostenuto dai risultati dello studio 20050147, uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, compiuto su 1.432 uomini con tumore alla prostata resistente alla castrazione, considerati ad alto rischio di metastasi ossee.

Sono stati inclusi pazienti con malattia localmente progressiva, così come i pazienti con metastasi a qualsiasi linfonodo.
Nello studio 20050147, il 55% dei pazienti non aveva ricevuto un precedente trattamento locale per carcinoma alla prostata.

I criteri di ammissibilità richiedevano che i pazienti soddisfacessero almeno uno di due criteri ( livello di PSA maggiore o uguale a 8 ng/mL o tempo di raddoppiamento del PSA inferiore o uguale a 10 mesi ) per poter essere considerati ad alto rischio per lo sviluppo di metastasi ossee.

I pazienti sono stati randomizzati a ricevere 120 mg di Xgeva per via sottocutanea ogni 4 settimane oppure placebo per via sottocutanea ogni 4 settimane.
Questa dose e lo schema di trattamento è lo stesso di quello approvato per Denosumab nella prevenzione di eventi correlati all'apparato scheletrico ( SRE ) in pazienti con tumori solidi metastatici all'osso.

L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da metastasi a livello osseo; gli endpoint secondari erano il tempo alla prima metastasi ossea e la sopravvivenza globale.

L'analisi finale dello studio 20050147 ha dimostrato una mediana di sopravvivenza libera da metastasi ossee di 29.5 mesi per il braccio Denosumab e 25.2 mesi per il braccio placebo, con un hazard ratio ( HR ) di 0.85 ( p=0.028 ).
Il tempo medio alla prima metastasi ossea è stato pari a 33.2 mesi per il braccio Denosumab e 29.5 mesi per il braccio placebo, con un hazard ratio di 0.84 ( p=0.032 ).
La sopravvivenza mediana è stata di 43.9 mesi per il braccio Denosumab e 44.8 mesi per il placebo, con un hazard ratio di 1.01 ( p=0.91 ).

Il trattamento con Denosumab non ha portato a un miglioramento nella sopravvivenza complessiva o nella sopravvivenza libera da progressione.
Un’analisi esplorativa post-hoc del tempo alle metastasi ossee sintomatiche, che può essere considerata una misura rilevante di beneficio clinico in questo contesto, è risultata di scarsa utilità a causa della mancanza di dati; la maggior parte dei pazienti non erano stati seguiti fino a quando non hanno sperimentato la prima metastasi sintomatica.

Gli endpoint esplorativi comprendevano: risultati riferiti dai pazienti, variazioni dell'intensità del dolore e qualità di vita correlata allo stato di salute ( HRQoL ).
L’analisi di questi endpoint ha mostrato risultati che erano simili tra i bracci di trattamento oppure risultati inconcludenti ( vale a dire, analisi differenti hanno fornito risultati contraddittori ).

L'incidenza complessiva per-paziente di osteonecrosi della mandibola nel gruppo Denosumab è stata circa del 5%, risultando più alta, e con una durata di esposizione più lunga, rispetto a quella osservata negli studi che hanno portato all'approvazione dell’indicazione per prevenzione degli eventi scheletrici-correlati nei pazienti con tumori solidi metastatici all'osso.
Inoltre, non è noto il rischio cumulativo di osteonecrosi della mandibola per un paziente trattato con Denosumab durante il continuum degli stati di malattia di tumore della prostata ( definito dall’indicazione proposta in aggiunta a quella esistente ).

Sebbene lo studio 20050147 abbia incontrato l’endpoint primario pre-specificato, con un prolungamento statisticamente significativo nella sopravvivenza libera da metastasi ossee, non è chiaro se un miglioramento del valore mediano della sopravvivenza di 4.2 mesi nei pazienti con tumore alla prostata resistente alla castrazione, ad alto rischio di metastasi ossee, sia una misura adeguata di beneficio clinico.
E’ anche poco chiaro se la prevenzione delle metastasi ( pazienti senza evidenza di metastasi ) aggiunga beneficio ai pazienti trattati con Denosumab nel contesto metastatico ( pazienti con evidenza di metastasi ).

Un editoriale su The Lancet ( Logothetis, 2011 ), a commento dello studio 20050147, ha sollevato perplessità sull'opportunità di somministrare Denosumab come farmaco preventivo per le metastasi ossee.
Sulla base dei risultati dello studio, l'editoriale afferma che i risultati riportati sostengono l’uso di Denosumab come alternativa all’Acido Zoledronico, ma non sostengono il suo più ampio utilizzo come agente preventivo per le metastasi ossee nel cancro alla prostata. ( Xagena2012 )

Fonte: FDA, 2012


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