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Contributi della insulino-resistenza e della insulino-carenza a livello cerebrale nella neurodegenerazione correlata ad amiloide nella malattia di Alzheimer


La malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza nel Nord America. Un numero crescente di dati supportano il concetto che la malattia di Alzheimer sia fondamentalmente una malattia metabolica che si traduce in una progressiva compromissione della capacità del cervello di utilizzare il glucosio e rispondere all'insulina e alla stimolazione del fattore di crescita insulino-simile ( IGF ).

Inoltre, la natura eterogenea della malattia di Alzheimer è solo in parte spiegata dalla propensione del cervello ad accumulare proteine a struttura oligomerica processate in modo aberrante, mal ripiegate e aggregate, tra cui peptidi beta-amiloidi e proteina tau iperfosforilata.

I dati suggeriscono che altri fattori, tra cui il metabolismo energetico alterato, lo stress ossidativo, la neuroinfiammazione, la resistenza a insulina e fattore IGF, e deficit di insulina e IGF nel cervello devono essere inseriti in una ipotesi generale per sviluppare approcci diagnostici e terapeutici più realistici per la malattia di Alzheimer.

Una revisione ha preso in esame l'interrelazione tra alterato segnale per insulina e IGF e la patologia da beta-amiloide, e i potenziali approcci terapeutici.

La compromissione del segnalamento di insulina / IGF nel cervello porta all'aumentata espressione della proteina precursore beta-amiloide ( AbetaPP ) e all'accumulo di AbetaPP-Abeta.

Inoltre, essi promuovono lo stress ossidativo e il deficit del metabolismo energetico, che porta alla attivazione delle cascate di neurodegenerazione mediata dal pro-AbetaPP-Abeta.

Anche se la resistenza e la carenza cerebrale di insulina / IGF può essere indotta da processi patologici primari o secondari, gli elevati tassi di resistenza periferica alla insulina associati a obesità, diabete mellito e sindrome metabolica molto probabilmente svolgono un ruolo importante nella attuale malattia di Alzheimer.

Sia i dati clinici che quelli sperimentali hanno collegato l'iperinsulinemia cronica a deficit cognitivo e alla neurodegenerazione con un aumento della clearance accumulo / riduzione AbetaPP-Abeta del sistema nervoso centrale.

Corrispondentemente, il ripristino della reattività all'insulina e l'uso della terapia insulinica possono portare a un miglioramento delle prestazioni cognitive, anche se con effetti variabili su un cervello con accumulo di AbetaPP-Abeta.

D'altra parte, l'evidenza sperimentale supporta il concetto che gli effetti tossici di AbetaPP-Abeta possono promuovere la resistenza all'insulina. Insieme, questi risultati suggeriscono che può svilupparsi un ciclo di feedback positivo della neurodegenerazione progressiva, per cui la resistenza all'insulina porti ad accumulo di AbetaPP-Abeta, e la tossicità a livello di fibrille di AbetaPP-Abeta determini insulino-resistenza nel cervello.

Questo fenomeno potrebbe spiegare perché la sola misura dei livelli di AbetaPP-Abeta nel liquido cerebrospinale o nella diagnosi per immagini del cervello ha dimostrato di essere inadeguata come biomarcatore stand-alone per la diagnosi di malattia di Alzheimer e perché i risultati degli studi clinici basati sulla monoterapia anti-AbetaPP-Abeta sono stati deludenti.

Al contrario, i dati aggiunti suggeriscono che la insulino-resistenza cerebrale e la sua carenza devono essere un altro bersaglio terapeutico per bloccare la progressione della malattia di Alzheimer o invertire il suo corso naturale.

Gli effetti terapeutici positivi di trattamenti diversi che affrontano il ruolo della resistenza e il deficit cerebrale di insulina / IGF, compreso l'impiego della somministrazione di insulina intranasale, incretine e agenti sensibilizzanti per l'insulina, sono stati esaminati assieme ai potenziali benefici del cambiamento dello stile di vita per modificare il rischio di sviluppare deterioramento cognitivo lieve o malattia di Alzheimer.

Nel complesso, i dati sostengono fortemente il concetto che è necessario spostare l'attuazione verso un approccio multimodale piuttosto che verso strategie diagnostiche e terapeutiche unimodali per la malattia di Alzheimer. ( Xagena2012 )

de la Monte SM, Drugs 2012; 72: 49-66

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